PINK FLOYD: L’ELETTRONICA AL SERVIZIO DELLA MUSICA
Nell’Agosto 1977 sullo speciale“I GRANDI DEL POP” del periodico “Best” della casa editrice SOPI diretta da Elisabetta Ponti, apparve un’ampia scheda tecnico-artistica a mia firma dedicata ai Pink Floyd. Su di loro avrei scritto altri articoli e curato la voce “Pink Floyd” nell'”Enciclopedia Pop” di Mauro Radice e A.V. edita da Celuc nel 1976.
Nati nel 1965, i Pink Floyd sono fra i gruppi rock più famosi al mondo. Hanno venduto centinaia di milioni di dischi e, seppure non suonino più insieme da oltre dieci anni, come singoli artisti imperversano ovunque con tour mastodontici, mentre la magnifica mostra itinerante The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains, ne narra le gesta. Inoltre, nella sola Italia, si contano 170 fra tribute e cover band, alcune delle quali (ad esempio Pink Floyd Legend) si muovono sull’onda della testimonianza e della resa quanto più fedele possibile alla loro matrice.
A precedere la scheda riproposta nelle sue tre pagine originali – che descrive la storia della prima decade pinkfloydiana con il mio taglio da avamposto critico barricadero e psichedelico – a mo’ di flash introduttivi ne propongo alcuni stralci con un minimo adattamento rispetto alla versione stampata.
La scena: Cambridge e Londra. Dal 1965, momento della nascita del primo organico con Syd Barrett, Nick Mason, Roger Waters e Richard Wright e sino alla seconda metà del ’66, con i mezzi tecnici a loro disposizione, i Pink Floyd saranno in grado solo in parte di esprimere una musica fatta di pura immaginazione, quella di Barrett. Con i primi singoli, il gruppo si configura come “psichedelico”, in pieno trip Barrett.
PRIMO ALBUM 1967. “THE PIPER AT THE GATES OF DAWN”. Roger Waters dice di Syd “è difficilissimo seguirlo senza doverlo abbandonare. E talvolta lo vorrei proprio lasciar perdere, ma nessuno ci potrebbe guidare più lontano”. Ogni composizione è la metafora della pazzia di Syd, in cui si racchiudono le gioie, le frustrazioni, il linguaggio paradossale e divertente di un puro alieno, di un marziano a passeggio per Londra… nella diversità – di tutti i brani dell’album – nell’uscire dal ghetto in cui la logica chiude i pazzi, c’è liberazione sociale, si potrebbe parlare di un primo momento di presa di coscienza politica di una classe che Syd incarna… un lavoro di comunicazione che sarà vero terrorismo nei confronti della organizzazione musicale anglosassone.
SECONDO ALBUM 1968. “A SAUCERFUL OF SECRETS”. Barrett crolla alla prima tournée americana. Gilmour lo sostituisce, ma ci sono suoi sprazzi nell’album, dominato da pezzi spaziali.
Fra le date europee del ’68, i Pink Floyd arrivano anche a Roma, dove suonano al Piper e al Palazzo dello Sport.
Quindi, due lavori ad impiego cinematografico: “MORE” e “ZABRISKIE POINT” in cui il regista Michelangelo Antonioni impiega brani dei Pink Floyd. Poi “UMMAGUMMA”. La nuova etica di una musica meditativa e strutturalmente SINFONICA esce con questo doppio album, la cui facciata live raccoglie il meglio, i Pink Floyd si avventurano nel cosmico-sperimentale, ancora di difficile comunicazione di massa. Perdendo Barrett hanno perso il treno della musica raccolta un po’ per strada, tra la gente, un po’ nei meandri di un cervello contorto, ma luminoso. Pink Floyd Ha rinunciato a gridare la propria alienazione dal contesto sociale.
Con “ATOM HEART MOTHER” nel 1970 il gruppo esplode… coglie aggressivamente il suono ad effetto, scintillante, maestoso e del tutto comprensibile. Fatta eccezione per la lunga porzione sognante e metafisica di “Fast Old Sun”, l’album è una suite fatta di tensione continua verso grandi paesaggi e di improvvise stupefazioni che colpiscono e confondono il cervello e il cuore di tutti.
“Atom” sembra la risposta al “Sergent Pepper’s” e al doppio bianco dei Beatles, dominati da George Martin nell’uso della sinfonica, le cui composizioni orchestrali pongono quasi entrambe le formazioni, che inizialmente hanno molti punti di contatto, in chiave prog. Si può dire si concluda qui la seconda fase del suono PINK… e il 1970 segna l’abbandono della formazione della musica d’avanguardia, la nuova esperienza è quella di un’elettronica di massa che con “MEDDLE” avrà il suo punto più alto e l’inizio della parabola discendente. Opera intenzionalmente dedicata a Barrett… la suite “Echoes” ha una realtà meno ridondante di “Atom”… le tinte forti di “One of these days” dimostrano come ormai gli strumenti, gli oscillatori, i mellotron, i synth, le percussioni siano piccoli giocattoli nelle loro mani…
Buona lettura.
Maurizio Baiata, 15 Luglio 2018
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