Sono passati “solo” 41 anni dall’incidente sulle White Mountains, Arizona, che vide protagonista il ventunenne boscaiolo Travis Walton e sei suoi compagni di lavoro e ancora se ne discute. Da una parte ci sono pattuglie di scettici incalliti, che con monotono languore periodicamente cercano di demolire il caso – si trattò di una montatura, un’invenzione di Walton e del suo amico Mike Rogers, il capogruppo, che convinsero gli altri per ottenerne fama e danaro. Dall’altra ci sono Walton e – visto che quattro di loro hanno preferito non esporsi dopo il can can mediatico successivo al “rapimento” – due dei sei amici coinvolti, Steve Pierce e John Goulette, che si sono fatti avanti negli ultimi tre anni ribadendo per filo e per segno la loro versione dei fatti, coincidente con quella di Travis.

Travis Walton, Sitgrave National Forest, sul luogo dell’incidente. Immagine tratta dal documentario “Travis” che verrà presentato a Milano.
E quante persone in tutti questi anni si sono presentate a Snowflake, la cittadina dove da sempre vive Walton, affermando le cose più assurde: “Io so come sono andate le cose… ero suo amico, ero suo collega, sono stata la sua fidanzata, aveva sposato me prima della moglie attuale, sono un suo parente stretto…”, o quello che diceva che era stato a un party a casa di Travis per festeggiare il suo ritorno, scena che c’è nel film “Bagliori nel buio” ma mai avvenuta nella realtà? Altra licenza hollywoodiana, la favola che vuole Travis nudo come un verme al suo ritorno, mentre fu “riconsegnato” con gli stessi indumenti che aveva nel momento dell’incontro ravvicinato. Già, dettagli marginali.
Oppure, l’amico che giura di aver ricevuto lui la prima chiamata di Travis dalla cabina telefonica, mentre invece Travis fece solo una chiamata, quella alla sua famiglia e l’operatore ascoltò la conversazione e informò subito lo sceriffo. O quel tizio che fece finta di essere Walton per partecipare a un talk show radiofonico? Sono cose in fondo normali, che puoi aspettarti dalla gente che inventa di tutto per un attimo di notorietà. Sembrerebbero anche fattori poco importanti, rispetto a una vicenda tanto intricata quanto ormai vecchia e risaputa. E invece importanti lo sono, perché la storia di Walton ha un immenso valore documentale e probatorio rispetto alla casistica ufologica moderna e, anche se non sarà mai possibile farvi luce piena, la sua unicità resta dirompente.
Proprio per questa ragione i debunker si sono disinteressati dei sopraccennati pittoreschi visitatori di questo sottobosco immerso nelle montagne dell’Arizona, per concentrarsi invece su pesanti azioni di discredito: hanno sostenuto la teoria dell’allucinazione collettiva, quella dell’intossicazione da alcool, o del lie detector che aveva fatto cilecca e che non provava nulla e che tutti e sette i testimoni avevano concorso in una truffa a fini di lucro, insinuando persino che lo sceriffo della Navajo County non fosse quel Marlin Gillespie che aveva deciso per il non luogo a procedere in quanto la versione fornita dai sette tagliaboschi reggeva, ma un certo Sanford “Sank” Flake che era un ufficiale giudiziario estraneo alle indagini.
Fra le false accuse, quella che i sei tagliaboschi non si erano trovati davanti ad un UFO accecante da cui dopo pochi secondi sarebbe partito un raggio che tramortì il loro compagno, ma che si erano scolati troppe birre e, visto che Walton era scomparso, avevano inventato la storia dell’UFO e andava bene dare la colpa agli alieni. Era tassativamente vietato bere durante il lavoro e Walton e i suoi colleghi non lo avevano fatto, né quel giorno, né altri. Lo sceriffo Gillespie disse ai giornalisti: “Nel furgone non abbiamo trovato tracce di alcool e ho parlato a lungo con ciascuno di loro e nessuno dava segni di intossicazione da alcool”.
Altro punto sostenuto dai debunker: i testimoni avevano erroneamente valutato la visione del pianeta Giove e/o quella di un elicottero militare in manovra a distanza ravvicinata. Dice Travis Walton: “Nessuno avrebbe potuto scambiare un elicottero per un disco metallico incandescente, in bilico a meno di trenta metri di distanza. Le pale dell’elicottero avrebbero tranciato gli alberi, per non parlare dello spostamento d’aria e del frastuono tipici degli elicotteri. Una spiegazione ridicola. Il raggio blu di energia che mi colpì fu fortissimo e istantaneo, tanto che uno dei miei compagni lo descrisse come la cosa più brillante che avesse mai visto in vita sua e in nessun modo potevano essere i riflettori di un elicottero”.
In conclusione, Walton specifica: “Non prendete il film ‘Bagliori nel Buio’ come la vera storia dell’incidente di quella sera. Se avevamo bevuto? Facevamo un lavoro troppo pericoloso per consentirci di bere. L’incidente avvenne pochi minuti dopo che avevamo finito il lavoro e il gruppo fece rientro a Snowflake poco dopo l’incidente. Se avessero bevuto, i miei compagni non avrebbero mai passato i test ai quali li sottoposero. Secondo la giustizia di questo Paese, la testimonianza di sei persone che in un tribunale dichiarassero (anche in assenza del test al poligrafo) di aver assistito a un omicidio e ne avessero riconosciuto l’autore, giustificherebbe una condanna alla pena capitale, senza possibilità di appello. Invece, quando e se si tratta di un UFO, l’ombra del dubbio grava anche sulle testimonianze più attendibili. Per la prova del poligrafo c’è sempre una piccola percentuale di errore ma, a proposito dell’incidente di Snowflake, Edward Gelb, il presidente della American Polygraph Association, ha detto: ‘Le probabilità che sei persone ingannino con successo un esaminatore esperto, anche solo su un singolo punto, sono più di un milione contro una’. A oggi, sono 16 i test correttamente condotti e superati inerenti questo caso. E tutti e sette i componenti di quel gruppo non hanno cambiato una virgola della loro testimonianza”.
Domenica 25 Settembre, a Milano, avremo la possibilità di ascoltare dalla viva voce di Travis Walton il racconto dei fatti accaduti sulle White Mountains in Arizona il 5 Novembre 1975. Travis si è reso disponibile, accettando l’invito di Sabrina Pieragostini al IV Meeting Internazionale di Esobiologia “Figli delle Stelle – Ipotesi e Suggestioni sulla Vita Extraterrestre”, a rispondere a tutte le domande del pubblico, a chiusura del suo intervento che avrò il piacere e l’onore di tradurre.
Ricordo anche che verranno trasmessi alcuni segmenti del documentario “Travis – The True Story of Travis Walton” diretto da Jennifer Stein e inedito per l’Italia, con sottotitoli in Italiano.
Maurizio Baiata, 19 Settembre 2016
Per saperne di più: https://mauriziobaiata.net/2015/07/20/parlano-altri-testimoni-del-caso-travis-walton-cosa-accadde-veramente-quella-notte-di-bagliori-nel-buio/
Il link al sito di Sabrina Pieragostini, che presenta il convegno di Milano del 25 Settembre, le modalità di partecipazione e il programma degli interventi:
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