L’australiana Mary Rodwell, autrice di “Awakening” (Risveglio), dirige ACERN (Australian Close Encounter Resource Network) e attualmente lavora con più di 1600 persone addotte, in tutto il mondo. L’ho incontrata, rendendomi conto di avere davanti una famosa ipnoterapeuta e ricercatrice fra i massimi esperti mondiali nel campo dei rapimenti alieni, nel 2010 al Congresso Internazionale UFO di Laughlin, in Nevada. La visione della Rodwell è che gli alieni non vogliono asservire l’umanità, ma ne stanno favorendo l’evoluzione attraverso un processo di ibridazione.
Maurizio Baiata: Alla luce dei molti anni che hai dedicato alla ricerca sul fenomeno abduction, possiamo dire che è necessario oggi affrontare lo studio di queste esperienze ancora inspiegabili su una nuova prospettiva, che trascenda la nostra realtà fisica?
Mary Rodwell: Vuoi dire espandere la forte energia dell’esperienza ad altri regni non-fisici?
M.B.: Sì, verso nuove dimensioni da esplorare, soprattutto se esiste un collegamento fra i contatti alieni e fenomeni paranormali come OBE (Out of Body Experiences), e NDE (Near Death Experiences).
M.R.: Assolutamente. È il regno non fisico… la strada che ho intrapreso anche io. Onestamente credo che il contatto è come un catalizzatore per il nostro risveglio. Allo stesso modo, le esperienze di premorte sono un catalizzatore per il nostro risveglio al fatto che siamo multidimensionali. Per una persona può essere un’esperienza di pre-morte, per un’altra può essere un contatto, per un’altra ancora può essere un estremo dolore, che lo catapulta nel riconoscere e sperimentare altre dimensioni, altri regni. Secondo ciò che l’anima sceglie, io credo, prima che il soggetto venga a patti con la situazione.
M.B.: Quindi, come si determina che è l’anima a decidere la strada da prendere?
M.R.: Con il mio lavoro in ipnosi accompagno le persone nelle vite passate. In verità, nei punti di passaggio fra le loro vite, dove sono in crescita come esseri non- fisici. Nei luoghi dove mi hanno detto che a volte, prima di incarnarsi in forma umana, scelgono i loro genitori e le esperienze che li aiuteranno a crescere come anima. Così, quando un soggetto in regressione mi dice che sta entrando in un’astronave, riscontriamo le stesse procedure e chiedo: “A qualsiasi livello, hai acconsentito a questa tua esperienza?” Ogni volta la persona si descrive come uno spirito, come una sfera di luce e risponde: “Sì l’ho fatto, anche se non consciamente, ma ho fato il mio consenso!” Ed è incredibile come questo per loro cambi il modo di vedere l’intera esperienza. Non si riconoscono più come vittime ed io li porto a dialogare con questi esseri. Quindi, in regressione, quando rapiti vedono una procedura medica che li disturba, che può essere terrificante, non capiscono, ma io gli dico: “Bene, ora una parte di te sa perché è stato fatto…”
M.B.: “Una parte di te” … questo è un punto essenziale. Durante una regressione, come si fa a capire se la persona in quel momento è solo se stessa, o dentro di lei c’è un componente estraneo che comunica con te?
M.R.: Io la chiamo “saggezza interiore”, o “conoscenza superiore”, o il tuo subconscio che ha la comprensione. Persino il sé cosciente non ne è a consapevole. Così accompagno la persona ad accedere e dialogare e dico, “Ok, a un certo livello sai perché questo sta succedendo e che cosa riguarda, allora adesso parliamo a quella parte di te”. Mi interessa la procedura, ma non nell’aspetto medico, piuttosto, nel contesto del sentimento. Quindi dico: “Questo lo capisci?” E risponderanno di sì. A quel livello, iniziano a capire.
M.B.: Hai mai avuto qualcuno in regressione che improvvisamente parla in una lingua sconosciuta?
M.R.: Sì. Molti lo fanno. A volte si esprimono in altre lingue fluentemente come la loro lingua madre. Non hanno bisogno di essere sotto ipnosi per farlo, viene fuori spontaneamente. Qualche anno fa una signora, che era una “experiencer”, partecipò a una mia conferenza e le chiesi se era in grado di tradurre un disegno geometrico e una scrittura. Mi disse: “Non posso tradurlo”, ma poi emise degli strani suoni striduli ed era quella la lingua che avevamo registrato!”
M.B.: I suoni che queste persone emettono in regressione sono acuti?
M.R.: Ce ne sono di diverso tipo, come dimostrano le registrazioni audio che presentiamo nel mio documentario in dvd. E le lingue sono diverse. Una singola persona può esprimere anche 12 generi differenti. Una signora ha descritto qualcosa che non può essere tradotto in comuni termini umani, perché ogni suono può contenere una traduzione che è come complessi insiemi di informazioni, proprio come la parola Natale porta con sé tante immagini e un’enorme quantità di informazioni. Un singolo suono riguarda tutto.
M.B.: Al primo approccio durante la regressione, sei in grado di percepire se vi è un sistema di memoria schermo che crea false immagini nella mente di quella persona?
M.R.: La memoria schermo è un po’ ovvia. Perché? Ad esempio, un addotto riferisce di aver visto un clown… beh, per la maggioranza delle persone si tratterà di un clown. Il clown però per molti con ripetuti contatti è un ricordo di copertura, così come il gufo e Babbo Natale. Quindi dico: “Ok, hai visto un clown. Ora guarda di nuovo, ma stavolta osserva bene, senza aver paura, ma come parte di quello che già sai. E la prossima cosa che viene descritta è il tipico essere grigio. Così, quando si parla a quel livello, e sto parlando con il loro subconscio e il super cosciente, ovvero la parte che davvero non sa, è lì che mi rivolgo quando li pongo in regressione. Con questo gli addotti ottengono le loro risposte e comprendono ciò che l’esperienza significa. Perché non basta vedere solo uno scenario, di solito molto intrusivo come le procedure mediche. Se una persona non riesce a capire ciò che accade, restando solo e ancora una vittima, spaventata. Sta aprendo un grosso barattolo pieno di vermi! Se poniamo le domande giuste otterremo le risposte. Questo è il biglietto d’ingresso per chi vuole lavorare nel nostro campo. Però, quando scoperchi il barattolo di vermi, i soggetti conoscono ancora solo una parte dell’accaduto. È come fare la radiografia senza eseguire l’intervento. Devi scoprire la causa del problema e capire. Hanno bisogno di sapere perché è stato fatto e perché ci stanno dentro. Qual è il motivo… perché io sono qui.
M.B.: Quando il soggetto diventa più consapevole della situazione, si sposta verso una migliore comprensione e accettazione, o in genere rimane ancorato a uno stato psicologico di negazione?
M.R.: A volte la paura lo blocca. Dobbiamo andare oltre questo ostacolo, perché è molto difficile affrontare ciò che vede. La guarigione scaturisce dalla comprensione. È come quando porti un bambino di tre anni dal medico e gli dici “un uomo bravo ora ti farà stare meglio”, ma il medico si presenta con un grosso ago e il bambino ha paura e dice: “Non mi piace questo signore e io non voglio“. Solo quando è più grande gli si può dire: “L’antibiotico ti ha fatto guarire”. Insomma è come portare un soggetto dai tre ai sei anni e aiutarlo a capire.
M.B.: Quanto tempo ti serve di solito per avere le idee chiare?
M.R.: Per me, fino a due ore, la prima volta. Dopo di che, riesco a raccogliere le informazioni più importanti in un’ora circa. Non appena si capisce, la visione cambia a volte di 180 gradi, passando dal terrore a un altro punto di vista completamente diverso.
M.B.: Ok. Se il soggetto appare molto angosciato e lo prova un evidente effetto post-traumatico, mantieni la procedura standard come con qualsiasi altro, o cambi l’approccio?
M.R.: Cambia da soggetto a soggetto, ma il punto è la chiarezza. Si lavora individuando il loro punto di partenza, alcuni si sono appena resi conto dell’accaduto e bisogna essere molto cauti, perché non si può certamente sprofondarli in una nuova realtà senza alcuna comprensione di ciò che può svilupparsi per loro. In sostanza, sarebbe come dire improvvisamente a uno “Hey, guarda che hai un’altra vita in Russia e lì hai tre figli” e quello non ne sapeva nulla.
M.B.: È mai capitato che un addotto abbia descritto di essere dentro un veicolo spaziale o in qualsiasi altro ambiente e, steso sul tavolo operatorio, vede una perfetta copia di se stesso in un contenitore trasparente lì accanto?
M.R.: Un’esperienza molto bizzarra mi venne riferita da una ragazza. Disse di essersi trovata all’interno di un’astronave, ma non nel suo corpo umano. Si vide in un corpo grigio ET, uno scienziato alieno. Le chiesi cosa faceva e lei rispose: “Sto conducendo un ricerca scientifica, questo è il mio lavoro sull’astronave”. Le chiesi: “Dov’è il tuo corpo umano?” e lei replicò “È là” e mi descrisse il suo corpo umano, quasi in un guscio, ma inanimato, come un cappotto. E ho chiesto: “Come fai a passare dal tuo corpo ET che utilizzi sull’astronave al corpo umano?” E lei disse: “Lo fa la mia anima” e descrisse una sfera di luce che entrava in un involucro umano e lo rianimava.
M.B.: Quindi c’è qualcosa che realmente riguarda l’anima…
M.R.: Sì. Questa non è la solita roba. Il livello dell’anima è quello che sto ottenendo. Un ragazzo in Inghilterra vide degli esseri e quando uno di loro gli ha parlato sono apparse due sfere luminose. Mi disse: “Oh, una sfera è mio nonno, l’altra è lo zio Ted”. E io dissi: “Cosa facevano lì?” perché ovviamente erano anime. E mi rispose: “Mi hanno detto che vengono perché sanno che ho paura e vogliono rassicurarmi con la loro presenza”. Le sfere di luce che riconobbe come il nonno e lo zio seguirono gli ET ed entrarono nello scafo. Sfere di luce, anime che entrano in un’astronave con gli alieni grigi. È un ragazzo di quindici anni. Non vedono queste cose in televisione.
M.B.: Oh no, sicuramente no.
M.R.: Quando a parlare è un bambino, sai che è nell’integrità, perché non leggono libri su queste cose, e le riferiscono esattamente come avvengono. Prendi un bambino di cinque che dice alla mamma: “Non mi dispiace passare attraverso i muri e nella navicella spaziale mi insegnano più cose di quelle imparo a scuola”. Oppure un altro bambino, malato nella sua stanza, ha dieci anni e la mamma gli chiede: “Cosa stai guardando?” perché sta fissando lo sguardo nel vuoto e lui risponde: “Sto guardando il mio corpo di energia blu, posso vedere dove sono malato e so che in un paio di giorni il male andrà via e guarirò”.
M.B.: Mary, non temi che un giorno possano venire a prendere anche te?
M.R.: Paura? No, affatto. Sarò la prima a salire sull’astronave ! Perché quello che sto imparando dai 1600 casi ai quali ho lavorato finora, è che nel novanta per cento delle volte, se comprendono di quale esperienza si tratta, capiscono anche la loro connessione con queste intelligenze. E a molti viene comunicato che i loro geni sono mista, non solo umani, a volte grigi, a volte di mantide, alcuni esseri sono la loro famiglia e sentono di appartenere più a loro che alla propria famiglia umana. Ed questo è veramente spaventoso pensare di essere più collegato a queste specie di intelligenza anziché alla homo sapiens dalla quale sei nato, sentendosi estraneo agli umani a volte… è molto strano.
M.B.: Hai un tabella comparativa delle caratteristiche fisiche aliene, sviluppata oltre la classificazione o identikit di Pereira di tanti anni fa? Ti basi sulle descrizioni dei tuoi pazienti?
M.R.: Sì, ci sono numerosi tipi differenti di esseri. Dal tipo grigio generalmente chiamato Zeta, dagli Zeta piccoli agli Zeta alti, che alcuni ritengono essere in parte ibridi e ci sono molti diversi tipi di umanoidi. Ci sono i rettiliani e so che hanno una cattiva reputazione, ma non vuol dire che siano tutti cattivi… molti hanno riportato incontri di grande affetto con esseri rettiloidi. E con gli insettoidi del tipo mantide, esseri antichi e benevoli. E gli esseri leone, gli esseri gatto, una vasta gamma di creature viste dai miei clienti. Nella comunicazione, i soggetti apprendono nozioni sulla loro personalità, la loro psiche e dicono: “Ecco ora so da dove vengo, questi esseri hanno la mia stessa origine e mi sento più legato a loro che alla mia famiglia umana”. Questo è strano! Come puoi sentirti collegato a un essere leone, piuttosto che ai tuoi fratelli? Rispondono: “Perché non è una parte di un altro sapere, ma c’è una connessione non solo genetica, ma come appartenenza alla stessa famiglia stellare”.
M.B.: Tu ritieni, come io sostengo, che quando avviene un avvistamento anche di un piccolo puntino nel cielo e la tua attenzione ne è attratta, che questo è il loro modo di contattarti? Possiamo dire che un avvistamento UFO imposta il primo livello di contatto?
M.R.: Assolutamente, credo che il risvegli avvenga quando senti: “Guarda, siamo qui! Ora ci conosci”. Spesso chiedo se le persone si sentono diverse dopo un avvistamento e aggiungo: ”Da bambino hai mai fatto una strana esperienza, sogni strani, ti sei mai svegliato senza poterti muovere, o hai sentito presenze intorno a te, strane luci in una stanza”? E molti rispondono: “Beh, effettivamente s “. Questo accade, sin dall’inizio, a volte al momento del concepimento. Alcuni colgono subito in quel bambino qualcosa di diverso. I genitori, sentono qualcosa di diverso. Soprattutto la madre, non a livello conscio, ma su un altro livello sa che il bambino che sta per mettere al mondo in qualche modo è diverso. Questo avviene, ma posso testimoniare che a volte alla madre viene mostrato il suo bambino prima che egli si incarni. Come un bambino che è già insito nel futuro bambino.
M.B.: Cosa ha mosso la tua ricerca? Forse il libro “Communion” di Whitley Strieber, o qualcos’altro ancora prima?
M.R.: Il motivo che mi ha coinvolto consapevolmente … un giorno un signore si avvicinò e disse: ”Ho avuto delle esperienze delle quali non posso parlare, con nessuno. So che lei è di mente aperta” e citò un gruppo di sostegno in cui gli diedero del matto. La sua storia mi incuriosì. Nella sua famiglia altri avevano avuto delle esperienze. Nel suo caso, aveva segni sul corpo, una zona glabra sulla gamba ed è una persona articolata e in grado di descrivere in modo molto equilibrato le sue esperienze. Lessi due libri, uno di John Mack, lo psichiatra della Harvard University e un libro di Whitley Strieber. Allora non sapevo nulla. Ma quello che lessi mi affascinò e iniziai a intuire qualcosa. Pur non avendo memoria cosciente di alcun mio vissuto strano, da quel momento le cose presero una certa direzione. Il punto era che quelle storie mi intrigavano e volevo capire, io sono una persona molto curiosa.
M.B. Gli addotti a volte forniscono informazioni molto delicate, ad esempio di come siano stati portati in basi sotterranee dove hanno visto esseri umani o molto simili all’Uomo, insieme ad alieni. Le testimonianze si inquadrano nei casi MILABs (Military Abductions). Non temi che uno dei tuoi addotti possa rivelarti cose che non dovrebbe dire e, se tu poi le rendessi note anche accidentalmente, potreste pagarne entrambi le conseguenze?
M.R.: All’inizio non sapevo nulla delle MILABs. Alcun i me ne hanno parlato, ma non credo che sia uno scenario prevalente in Australia, come invece è nel Regno Unito e in America dove, parlando apertamente, esistono più basi sotterranee. Ho però capito che se questa era una parte di rapimenti in cui persone vengono traumatizzate e subiscono controllo mentale, è un modo per mettere in evidenza l’esistenza di razze aliene malevoli, ovvero la propaganda del “Non fidarti di loro!”. Quindi, dovevo saperne di più. Non puoi evitare certi argomenti solo perché ti mettono a disagio. Parlo da infermiera. Una persona si è fatta male e ha bisogno del tuo aiuto, non puoi scappare. Le persone avevano bisogno di aiuto e di guarigione. Hanno però bisogno di qualcuno che se ne occupi a tutto campo, non solo degli aspetti che appaiono positivi. Se davvero si vuole sapere la verità, si deve guardare al tutto. E questo la ricerca lo ha negato. E molti dei ricercatori UFO più autorevoli preferiscono ignorarlo. Non rientra nel loro modello razionale e logico. Quindi, per me, il lavoro è attraverso la guarigione. Dare alle persone un luogo per condividere qualunque cosa abbiano necessità di condividere, anche ciò che è orribile. L’unico modo di guarire è avere qualcuno che li ascolti, non che li giudichi.
M.B.: Mary, hai anche una vita normale? Sei sposata, hai dei figli… una famiglia?
M.R.: Oh sì! Non vivo più con mio marito, ma ho tre figli e questa è la parte della mia vita che è normale. Ma la mia passione è questa. La mia passione è rivelare al pubblico informazioni credibili su questa realtà. Perché? Perché milioni di persone stanno vivendo queste esperienze e non ne capiscono neppure la metà. Questa è la verità e non è giusto lasciarle da sole nella paura di impazzire.
M.B.: Nel 2002 hai scritto uno dei libri più interessanti su rapimenti, “Awakening”. Ritieni che il suo contenuto sia ancora oggi valido e sufficiente?
MR: Sono a metà della stesura del mio secondo libro, che vorrei intitolare The New Human, “Il Nuovo Umano” e che copre una gamma più ampia di incontri e di esperienze con intelligenze aliene. Gli esseri dei quali parlo non sono gli alieni alla Whitley Strieber, ma quelli che io chiamo “bambini stella”, quelli che non subiscono alcun trauma. In realtà essi sono alle prese con il proprio essere umano, non si riconoscono in questo stato delle cose. Dicono: ”Non mi piace qui, non mi piace essere qui, non ha alcun senso per me”. Ci sono moltissime persone così. Anche loro hanno bisogno di aiuto ed io a loro dico: “Datti da fare, perché sei qui come essere umano, perché hai un compito da portare avanti, è per questo che sei qui e hai la capacità di aiutare a cambiare questo pianeta.
Maurizio Baiata (Aprile 2010)
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